Domenico Gaetano Pizzorno (1725-1775)

​​Bibliografia:

Diego Moreno e l’ eredità ambientale dei paesaggi culturali tratto da “Microanalisi storica o geografia culturale della copertura vegetale? Sull’ eredità ambientale dei paesaggi culturali”  di Diego Moreno e Roberta Cevasco su ”Trame nello spazio. Quaderni di geografia storica e quantitativa. 3, febbraio 2007.

Querce come ulivi. Sulla rovericolturala in Liguria tra XVIII e XIX secolo di Diego Moreno, Quaderni storici, aprile 1982.

Argomenti:

  • geo-localizzazione del luogo oggetto dello studio e individuazione del paesaggio culturale di riferimento: i boschi di Capanne di Marcarolo.
  • il paesaggio culturale dal punto di vista dello studio della storia ambientale
  • Gaetano Pizzorno e i suoi “Ricordi”.
  • L’ eredità ambientale della rovericultura in Liguria tra XVIII e XIX secolo.
  • Conclusioni.

Si parte dall’ importanza della definizione di paesaggio culturale: La riflessione interna alla storia ambientale su “Paesaggio culturale” come uno dei principali oggetti della sua indagine per l’elaborazione e la comprensione di una sua definizione precisa risulta cruciale in una fase storica di “patrimonializzazione” dei “comuni” beni paesaggistici e ambientali, in quanto il rischio è quello di introdurre dei gravi limiti metodologici che comportano l’ utilizzo di un approccio semiologico culturalista, a scapito dell’ approccio storico-geografico.

L’ ecologia storica è lo studio delle funzioni di relazione tra l’ uomo, gli organismi vegetali e animali e l’ ambiente in cui vivono in senso diacronico, è cioè lo studio delle trasformazioni che queste funzioni di relazione hanno avuto nel corso del tempo in un ambiente dato.

La patrimonializzazione dei beni comuni è un concetto che riguarda il riconoscimento a un determinato “oggetto” i boschi per esempio, di un valore la cui “appartenenza” è della collettività, al di là della proprietà privata e dell’ uso a cui esso è assoggettato. Da questo punto di vista il legislatore si assume il compito di legiferare per tutelare questo valore vincolando la proprietà privata e gli usi a cui essa lo riduce.

Moreno nota come molte delle ricerche contenute in “The Cultural

Landscape” sullo studio delle dinamiche ambientali raggiungessero già la scala topografica.

Sostiene Birks: “ La maggior sfida per il futuro sarà l’ interpretazione di dati cronologicamente precisi e spazialmente definiti all’ interno dell’ ecologia del paesaggio (inteso come sistema ambientale) come mezzo per metterne alla prova e validare concetti correnti sull’ ecologia del paesaggio (campo di studio del paesaggio) e nella gestione.”

L’ esigenza della scala di dettaglio con cui affrontare modelli e processi ambientali che ne sottendono le forme visibili è una acquisizione fondamentale degli studi nord-europei. In “The culturale landscape” a proporre esplicitamente l’ approccio storico allo studio delle dinamiche ambientali – qui dinamiche della componente vegetale dei paesaggi culturali – furono alcuni dei fondatori dell’ ecologia storica. Sono infatti presenti numerosi esempi dove si affronta lo studio delle pratiche di produzione e attivazione delle risorse ambientali.

La produzione, il controllo, e l’ attivazione di suoli, acque, popolamenti vegetali e animali sono ricostruiti dagli autori di diversa provenienza disciplinare, attraverso tutti i tipi di fonti storiche ed archeologiche disponibili, ad una precisa scala topografica. Ponendo al centro dei diversi studi sul “paesaggio culturale” LA SOCIETA LOCALE E LE SUE AZIONI, diremmo oggi L’ IDENTIFICAZIONE STORICA DELLE AZIONI,

PRATICHE E SAPERI che hanno informato l’ agire storico CONCRETO sulle risorse ambientali. Dove per CONCRETO si intende che ha generato, in un preciso momento storico, uno scambio di materia e energia con il sistema ambientale le cui tracce – la cui eredità ambientale – divengano riconoscibili anche nell’ ecologia attuale, storica e preistorica.

Domenico Gaetano Pizzorno (Rossiglione, 1725-1775) è autore di un manoscritto redatto tra il 1752 e il 1754 dal titolo “Salutari istruzioni e ricordi profitevoli alli eredi e discendenti del signor Pier Gio. Pizzorni quondam Domini Dominici per il loro regolamento quanto sia per il profitto dell’ anima che per il benefizio temporale ecc..” si tratta di “Ricordi di un padre ai propri figli” come dice l’ altro titolo suggerito dall’ autore.

Di quest’ opera è importante sottolineare la sua destinazione assolutamente “privata”, domestica, cui si aggiunge un intento dichiaratamente didattico, dall’ altro lato l’ assenza di qualsiasi riferimento erudito e bibliografico.

La griglia ideologica di riferimento del Pizzorno ed il contenuto tecnico dei ricordi si inquadrano nell’ esigenza di mantenere o costruire una tradizione famigliare di competenze per la gestione di una proprietà boschiva dilatata a dimensioni sovracomunitarie ed in cui “gli utili” sono essenzialmente produzioni commerciabili o consumabili nel circuito interno dell’ azienda siderurgica e nell’ economia domestica. Pur contemporaneo ad essa, a dare ascolto a quanto dice di se stesso, uomo di letture, Pizzorno, appartiene a un punto di vista che precede la nuova agricoltura e la osservazione sistematica delle arti. Così Agostino Bianchi, uno dei corrispondenti dell’ Accademia d’ Agricoltura, in una relazione fatta per i boschi della Marina al nuovo governo sardo nel 1815 si era limitato a notare parlando del bosco di Verezzi a Finale: “è de’particolari che coltivano la quercia con la stessa cura colla quale si coltiva altrove l’ ulivo” Ma questa “cura” classificata tra le pratiche agropastorali è annotata come curiosità folclorica che usciva dall’ ambito degli interessi della produzione forestale visto che trascurava di indagarne le basi tecniche e le finalità economiche.

Volendo assolutamente evitare un approccio deterministico di causa-effetto, le ultime immagini riportate vogliono solo evidenziare che tra le cause del degrado del patrimonio culturale dei boschi di cui è oggetto il trattato del Pizzorno nella zona di Capanne di Marcarolo vi è anche un errore metodologico che ha concorso a scelte gestionali sbagliate. L’ idea del Bianchi che liquida come pratica “folcloristica” il modo di coltivare le querce come ulivi, sta alla base di quella politica di gestione centralizzata delle foreste che con l’ unità d’ Italia ha portato al rimboschimento dell’ Appennino con abete e i risultati sono visibili nell’ immagine in alto a sinistra.

E interessante notare, che a ben vedere, l’ approccio ideologico al “patrimonio” di Pizzorno richiama le conclusioni a cui l’ ecologia storica approda negli anni 80′ con la pubblicazione di “The culturale landscape”. Evidentemente però, certi approcci, legati alla tradizione accademica, sono duri a morire se Moreno nel riprendere la definizione di paesaggio culturale sottolinea che la sua esigenza nasce dal rilevare che ancora a metà anni duemila i progetti europei non hanno assunto il metodo corretto nel definire l’ oggetto che sono chiamati a gestire e tutelare.

di Chiara Lombardi

(questa storia è frutto di un’ esercitazione eseguita per il corso di storia ambientale del prof. Vittorio Tigrino presso il corso di Lettere con sede ad Alessandria, Università del Piemonte Orientale )