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Breve storia dell’eccidio

Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani e colpirono duramente i giovani, spesso impossibilitati a difendersi per la mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo.

In diverse fasi i nazifascisti fucilarono 147 partigiani, altri caddero in combattimento; altri partigiani, fatti prigionieri, furono poi fucilati, il 19 maggio, al Passo del Turchino.

Altri 400 partigiani furono catturati e avviati alla deportazione (quasi tutti a Mauthausen), ma 200 di loro riuscirono fortunosamente a fuggire, mentre i loro compagni lasciarono la vita nei campi di concentramento.

Il rastrellamento della Benedicta, che nelle intenzioni dei nazisti e dei fascisti avrebbe dovuto fare terra bruciata intorno alla resistenza, non riuscì tuttavia a piegare lo spirito popolare. Anzi, proprio dalle ceneri della Benedicta il movimento partigiano, dopo aver avviato una riflessione anche spietata sugli errori compiuti, riuscì a riprendere vigore: la divisione “Mingo”, attiva nell’ovadese, ebbe tra i suoi promotori proprio alcuni degli scampati alla Benedicta. Altri partigiani continuarono la loro esperienza in formazioni della Val Borbera e in altre divisioni partigiane dell’appennino alessandrino.

Nel 1996 il Presidente della Repubblica ha conferito alla Provincia di Alessandria la medaglia d’oro al valore militare per l’attività partigiana, con una motivazione che fa espresso riferimento all’eccicio della Benedicta come evento emblematico della Resistenza del nostro territorio.

Il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo

Il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo è stato istituito dalla Regione Piemonte con la L.R. 31.8.1979, n. 52 ma l’Ente di gestione ha potuto essere costituito soltanto nel 1991, dopo che, a seguito di istanze portate avanti da parte della popolazione locale, la sua estensione è stata ridotta dai quasi 12.000 ettari del 1979 a poco più degli 8.000 attuali.

Sebbene, dal punto di vista amministrativo, il territorio del Parco ricada interamente nel Piemonte – i comuni interessati sono infatti Bosio, Casaleggio Boiro, Lerma, Mornese, Tagliolo Monferrato e Voltaggio, tutti in Provincia di Alessandria -, profondi e indissolubili sono i legami storici, culturali ed ambientali che vincolano questa terra al mondo dell’entroterra ligure, e genovese in particolare.
Per un territorio, come quello delle Capanne di Marcarolo, che ha conosciuto antichi fasti legati ad una notevole attività agricola e pastorale e che vive oggi una realtà sociale, economica, culturale ed ambientale decisamente depressa, la scelta di “investire” in un Parco è sicuramente una scommessa di grande interesse e valore.

Questa grande scommessa, sulla quale – ne siamo convinti – si giocherà il futuro di questo lembo d’ Appennino, dovrà necessariamente andare nella direzione del riequilibrio del territorio, della conservazione dei valori ambientali, del recupero e valorizzazione delle risorse architettoniche presenti, della creazione di un’offerta per un turismo consapevole, attento e rispettoso.

Attualmente l’Area Protetta si estende per circa 8200 ettari compresi tra i 335 metri di altitudine dei laghi della Lavagnina, al confine nord del Parco, e i 1172 metri della vetta più alta, il Monte delle Figne.

Dal punto di vista geologico il Parco è caratterizzato dalla prevalenza di ofioliti, rocce che rappresentano porzioni di litosfera oceanica incorporate, durante gli eventi orogenetici, all’interno della catena alpina.

Questa particolare composizione rocciosa, che appartiene prevalentemente al Gruppo di Voltri, è costituita per la quasi totalità da serpentiniti e serpentinoscisti; questi minerali condizionano l’ambiente sovrastante dando origine a emergenze naturalistiche importanti.

Altra peculiarità del Parco è la ricchezza idrografica che ha consentito la costruzione di invasi artificiali, attualmente utilizzati per produzione di energia idroelettrica e per usi idropotabili.

La situazione forestale è rappresentata dalla compresenza, accanto ai boschi di latifoglie che stanno spontaneamente ricolonizzando alcuni versanti montuosi, di estesi rimboschimenti a conifere effettuate a partire dagli anni venti.

La presenza di un’elevata barriera orografica a così breve distanza dal mare, spartiacque tra il dominio continentale e quello mediterraneo, crea condizioni climatiche piuttosto singolari e localmente microclimi particolari; accade così che coesistano in un’estensione territoriale ristretta specie tipiche della flora alpina e specie caratteristiche dell’ambiente mediterraneo.
La grande varietà di ambienti naturali nel Parco consente inoltre un eterogeneo patrimonio faunistico.

Di grande rilievo è la presenza di rettili e anfibi; sono presenti infatti ben otto specie di serpenti e, nelle vecchie miniere, il geotritone italiano che vive in assenza di luce.

Gli splendidi ruscelli e torrenti del Parco ospitano, poi, una buona popolazione ittica tra cui spicca la trota faro, bellissimo salmonide, indicatore biologico di buona qualità dei corsi d’acqua.

Particolarmente importante, inoltre, è la presenza del gambero d’acqua dolce, crostaceo ormai molto raro, presente ancora in pochi corsi d’acqua.

I mammiferi sono altrettanto ben rappresentati: volpi, tassi, caprioli, cinghiali, pipistrelli, faine, ghiri, lepri, ricci, topi selvatici, sono solo alcune delle numerosissime specie presenti nel Parco.

Notevole importanza riveste infine l’avifauna; il Parco infatti rappresenta un sito di nidificazione per diverse specie e un’importante località lungo le rotte migratorie.

Presenti con numerose specie sono i rapaci; tra questi il più importante è il biancone, un’aquila migratrice che si ciba in prevalenza di rettili. Questo imponente uccello, che attualmente è nell’elenco delle specie a rischio di estinzione, nel Parco nidifica con diverse coppie ed è pertanto stato assunto come simbolo dell’Area Protetta.

Per avere maggiore informazioni: www.parcocapanne.it

Gli scopi dell’Associazione

Nel 1999 è sorto il Comitato per il recupero e la valorizzazione della Benedicta per iniziativa del Consiglio Regionale del Piemonte, della Provincia di Alessandria, dell’ Associazione nazionale Partigiani d’Italia, del Comune di Bosio, dell’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria, della Città di Ovada, della Comunità Montana Alta VaI Lemme e Alto Ovadese, del Parco Capanne di Marcarolo e dell’ Associazione Amici della Colma: il Comitato si prefiggeva lo scopo di promuovere la conoscenza, il recupero e la valorizzazione del sito storico che fu teatro dell’eccidio della Pasqua 1944.

Successivamente hanno aderito la Città di Alessandria, la Città di Novi Ligure, l’Associazione Nazionale ex deportati e l’Istituto del Nastro Azzurro; il Comitato ha provveduto a coordinare i lavori di pulitura, restauro e consolidamento dei ruderi del sito della Benedicta, minato dai nazifascisti nel corso del rastrellamento.

Nel novembre 2003 il Comitato si è trasformato in Associazione Memoria della Benedicta che si propone la gestione, la valorizzazione e la promozione della zona monumentale, destinandola ad attività culturali anche attraverso un centro di documentazione ed un museo.

Alla costituzione dell’ Associazione hanno partecipato la Provincia e la Città di Genova, le Comunità Montane Alta VaI Polcevera e Valli Stura e Orba; con tutti i Comuni limitrofi alle zone del rastrellamento e che hanno avuto caduti nell’eccidio, sono stati coinvolti anche l’Istituto Ligure per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea e le associazioni partigiane e degli ex deportati della Liguria.

La Benedicta può veramente rappresentare la storia secolare di queste valli e di questi monti e con l’eccidio del 7 aprile 1944 è diventata l’emblema della resistenza delle popolazioni dell’Appennino ligure-piemontese al nazifascismo.

L’Associazione Memoria della Benedicta si propone pertanto di costruire uno spazio idoneo, coperto e al riparo dalle intemperie per tutti coloro che intendono visitare la zona monumentale (Sacrario, Cappelletta, fosse comuni, ruderi e neviera) e di farsi promotore e organizzatore di queste visite.

Questi luoghi trasmettono un forte impatto emotivo, e proprio per questo è doveroso costruire in loco un ambiente idoneo dove poter sostare per documentarsi e approfondire le proprie conoscenze: trovare documenti, pubblicazioni, strumenti audiovisivi, testimonianze di protagonisti e personale preparato al servizio dei visitatori.

L’Associazione è consapevole che questo Centro non potrà essere aperto tutto l’anno per ragioni legate al clima del luogo, ed è perciò impegnata a dar vita ad una rete di centri e musei sul territorio delle Province di Alessandria e Genova partendo dall’esistente, facendo leva sulle singole specificità ma inserendole in un circuito che le valorizzi.

Questo percorso della memoria si fa concreto anche attraverso la riscoperta e la segnalazione dei sentieri che collegavano tra loro i vari distaccamenti partigiani e questi con la Benedicta; oppure, in un ricordo più dolente, ripercorrendo gli itinerari attraverso i quali, trainati dalle lese dei contadini, le salme dei Martiri della Benedicta vennero portate a valle e poterono ricevere, un anno dopo l’eccidio, sepoltura.

Bisogna renderli percorribili ed agibili per chi, parcheggiata l’auto, decide di conoscere meglio questo territorio con la calma riflessiva di un’ escursione. Non dimentichiamo che l’area monumentale della Benedicta è situata nel cuore di un Parco naturale, quello delle Capanne di Marcarolo: la visita, per i cittadini e soprattutto per le scuole, può quindi essere stimolata da interessi e suggestioni diverse e complementari, dalla storia secolare del territorio alle emergenze naturalistiche, dalla storia recente della presenza partigiana e dell’eccidio alle questioni legate alla tutela ambientale.

In questo senso per l’Associazione Memoria della Benedicta è stata fondamentale la partecipazione, tra il 2003 e il 2007, al progetto UE Interreg La memoria delle Alpi coordinato da Regione Piemonte e IEP di Grenoble che, partendo dalla cultura alpina e dalla storia della montagna piemontese ha realizzato, in raccordo con analoghi progetti in territorio francese (Vercors e Chartreuse) e svizzero (Cantone di Losanna), la ricostruzione delle vicende partigiane proprio attraverso la proposta di percorsi tematici ed escursioni supportate dalla creazione di centri di documentazione multimediali di interesse locale e internazionale. Il lavoro di valorizzazione è poi proseguito negli anni 2007-2013 con un analogo progetto Docup FESR (sempre finanziato dall’UE attraverso la Regione Piemonte) che ha portato al recupero della Cascina Pizzo e alla realizzazione del “Parco della Pace”.